venerdì 31 agosto 2012


Approvata legge anti-vivisezione: Abruzzo prima regione “cruelty free”







Proprio alcuni giorni fa abbiamo assistito alla liberazione dei poveri beagle tenuti chiusi a Green Hill, l’azienda di Montichiari che allevava cani da laboratorio, e pure al blocco della spedizione di una cinquantina di scimmie provenienti dalle isole Barbados e destinate alla vivisezione, grazie a un esposto formulato dall’associazione Animalisti Italiani. Adesso nuove speranze, per i cani e tutti gli altri animali utilizzati come cavie per la ricerca, arrivano dall’Abruzzo: qui è stata, infatti, approvata una legge riguardante la diffusione di metodologie alternative alla sperimentazione animale e contro la vivisezione. Una grande vittoria è stata portata a segno nella lotta per la tutela dei nostri amici a quattro zampe e non solo. La legge, che apre un nuovo scenario nel panorama legislativo nazionale, è stata presentata dai consiglieri regionali Walter Caporale (Verdi) e Riccardo Chiavaroli (PdL), e sottoscritta pure dai consiglieri Nicoletta Verì e Antonella Petri. «L’Abruzzo – afferma Walter Caporale, consigliere regionale e presidente nazionale di Animalisti Italiani Onlus – per la prima volta conquista la medaglia d’oro, essendo la prima regione italiana a riconoscere ufficialmente la possibilità di finanziare anche metodi di ricerca che non fanno uso di animali». Tale obiettivo sarà perseguito, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa GeaPress, grazie all’istituzione di un Osservatorio Regionale sulla Sperimentazione Animale (ORSA), che avrà il compito di promuovere le metodologie alternative alla sperimentazione in vivo, ma anche di cercare di tutelare il benessere degli animali ancora coinvolti. Inoltre, si procederà con la realizzazione di un sistema informativo regionale, che riesca a trattare la documentazione riguardante i protocolli di sperimentazione animale in Abruzzo. «Un bel giorno per tutti», come anche per il consigliere Caporale, che dichiara di essere «felice, orgoglioso, commosso ed entusiasta come abruzzese per l’approvazione di una legge che potrebbe fare dell’Abruzzo la terra “cruelty free” dalla sperimentazione animale in Italia, quindi – continua a spiegare l’uomo – attrarre tutti quegli Istituti ed Enti che vogliono fare ricerca senza sfruttare e torturare esseri viventi». Non solo. Grazie a questa legge si prospettano nuove opportunità lavorative, oltre che la possibilità per la nostra società di crescere civilmente e culturalmente: «Nuove possibilità di lavoro per i giovani, siamo – dice Caporale – proiettati nel futuro e le nuove tecnologie ci offrono possibilità che dobbiamo saper cogliere». Vengono fissati, così, «nuovi criteri di civiltà e di diritti», considerato pure «che la sperimentazione sugli animali spesso non ha riscontri scientifici diretti sulle persone».

mercoledì 29 agosto 2012


LEGGE 40/ D'Agostino: il paradosso di una Corte a cui interessano soltanto i codici

mercoledì 29 agosto 2012
LEGGE 40/ D'Agostino: il paradosso di una Corte a cui interessano soltanto i codiciFoto: InfoPhoto

"Ieri, la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo, con una sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso di una coppia contro la legge 40 che è stata giudicata dai magistrati “incoerente” con l’ordinamento italiano. È ancora presto per trarre un bilancio definitivo della vicenda, anche perché bisogna attendere almeno di poter leggere le motivazioni dei giudici; un passaggio fondamentale anche per le valutazioni del governo italiano che, non appena conoscerà le ragioni dei togati, saprà decidere l’opportunità di un’eventuale azione che potrebbe portare anche al giudizio d’appello. Ma intanto, questa è l’opinione che della vicenda si è fatto Francesco D’Agostino, «è importante far capire all’opinione pubblica che la posta in gioco va molto al di là della Legge 40, che riguarda le coppie sterili o affette da problemi riproduttivi: in gioco c’è il senso che noi vogliamo dare ai rapporti tra le generazioni». D’Agostino è docente di Filosofia del diritto all'Università di Roma Tor Vergata e intervistato dalSussidiario.net ha voluto mettere in guardia da possibili derive eugenetiche, ricordando che la lotta contro l'eugenetica «è come quella contro l'inquinamento: una volta che si è riconosciuto che l’inquinamento è autentico, e quindi che è gravemente dannoso per la salute, non è possibile accettare un tasso di inquinamento anche solo moderatamente pericoloso».
 I giudici di Strasburgo hanno accolto il ricorso di una coppia (fertile) che, dopo la nascita della loro prima bimba affetta da fibrosi cistica (malattia di cui entrambi hanno scoperto di essere portatori sani in quella circostanza), e dopo aver abortito il secondo figlio, anch’egli positivo alla malattia, voleva averne un terzo ma questa volta con la certezza che fosse sano, motivo per cui i coniugi hanno deciso di ricorrere alla fecondazione assistita. Ma la Legge 40 non lo consente perché la pratica è riservata alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile, come l’Aids o l’epatite B e C. Ai giudici, in particolare, non è piaciuta l’impossibilità per la coppia – prevista dalla legge italiana –, di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.

Ci spiega quali ragioni hanno portato i magistrati a prendere questa decisione?

Secondo i giudici europei l’incoerenza risiede nel fatto che lo stato italiano (con la Legge 194, ndr) riconosce il diritto all’aborto cosiddetto “terapeutico” per malformazioni fetali, ma non consente alle coppie che fanno ricorso alla fecondazione assistita di accertare se ci siano malformazioni negli embrioni che stanno per essere impiantati nell’utero della donna, impedendo così alla coppia l’opportunità di scegliere un embrione sano. Il punto è che la corte non ha assolutamente valutato che la finalità della legge italiana è quella di impedire drasticamente ogni forma di selezione eugenetica degli embrioni. Questo è il punto decisivo del dibattito.

Continui…

Ovviamente chi è favorevole alla selezione eugenetica degli embrioni riterrà aberrante la Legge 40 e magari insisterà sul paradosso che in una fecondazione naturale è possibile abortire un feto malformato. Ma la grande differenza è che l’aborto riconosciuto lecito dalla legge italiana non è un aborto eugenetico, non si fonda cioè sulla scelta di individui umani in fase embrionale sani contro quella di individui umani in fase embrionale malati. Questo è lo scopo delle pratiche eugenetiche: distruggere i soggetti deboli e lasciar vivere quelli sani.

Pratiche che, ad oggi, non sono ammesse dall’ordinamento italiano. O hanno ragione i giudici di Strasburgo?

Assolutamente no. La legge sull’aborto, quale che sia il giudizio etico che si vuole dare su questa legge, non impone o non favorisce una selezione eugenetica dei nascituri. E anche la Legge 40 ha inteso proibirla. Meraviglia che la Corte europea dei diritti dell’uomo non abbia voluto tenerne conto. Almeno stando alle notizie divulgate fino ad ora. Bisognerà comunque aspettare di leggere tutta la sentenza, ma sembra che questo aspetto del problema non sia stato percepito affatto dai giudici.


Oltretutto un conto è parlare di diagnosi pre impianto, un conto di diagnosi prenatale.

In questo caso stiamo parlando di legge sulla fecondazione artificiale e quindi di diagnosi preimpianto a carico di embrioni concepiti in provetta, prima cioè che vengano portati nell’utero della donna. Ripeto, la legge italiana proibisce ogni pratica che renda possibile la selezione eugenetica degli embrioni e la distruzione di quelli ritenuti presumibilmente malati in favore di embrioni ritenuti presumibilmente sani. Questo è il nocciolo della Legge 40 a cui si riferisce la sentenza europea.

Secondo Severino Antinori, sentito in merito alla vicenda dal Corriere della Sera, le accuse di eugenetica non stanno in piedi. Lei sembra di convincimento opposto…

Il problema dell’eugenetica dovrebbe preoccuparci tutti non tanto perché nello scenario attuale sia immaginabile un rigoroso controllo eugenetico in carico a tutta la popolazione in età fertile o a tutte le coppie che vogliono fare figli. Il vero problema dell’eugenetica è un altro: è il pericolo dell’assuefazione psicologica a un controllo sociale sulle generazioni future. All’eugenetica o si dice di no in assoluto o è facile dirle di sì in assoluto. Perché, non appena si accetta anche solo una pratica eugenetica, è difficilissimo rifiutarne di nuove. L’opposizione alle pratiche eugenetiche deve essere un po’ come quella degli ecologisti che combattono l’inquinamento…

Cosa intende?

Una volta che si è riconosciuto che l’inquinamento è autentico, e quindi che è gravemente dannoso per la salute, non è possibile accettare un tasso di inquinamento anche solo moderatamente pericoloso. Con l’eugenetica è uguale. O rifiutiamo il controllo eugenetico sulle generazioni future, cominciando dalle pratiche di fecondazione assistita, oppure dovremo presto arrenderci al fatto che, in linea ipotetica, anche coppie fertili che non hanno bisogno della fecondazione assistita potrebbero, per ragioni eugenetiche, ricorrere a questa pratica per avere la certezza di mettere al mondo non soltanto figli “non malati” ma soprattutto figli particolarmente dotati dal punto di vista genetico.

Ma oggi, tutto questo, in Italia non è possibile.

Con la Legge 40 è possibile congelare gli embrioni che non possono essere impiantati nell’utero della donna per qualunque ragione. Oltretutto, la Corte costituzionale ha fatto saltare il vincolo massimo di tre embrioni da produrre per ogni ciclo di fecondazione assistita (quello inizialmente previsto dalla Legge 40,ndr). Quindi oggi in linea ipotetica è possibile fecondare 10 embrioni in vitro ed eventualmente congelarli. E fino qui siamo nel campo della legalità. Quello che non è legale fare è procedere alla selezione per ragioni eugenetiche dopo aver fatto una diagnosi sugli embrioni stessi per verificarne il loro stato di “salute”.

E agli embrioni che non vengono impiantati che sorte tocca?Qui ci troviamo di fronte al paradosso del quale si è discusso moltissimo e per il quale non si è trovata nessuna soluzione coerente e razionale. Gli embrioni vengono congelati nell’ipotesi che potrebbero essere riutilizzati dalla coppia che li ha prodotti ma in realtà possono rimanere congelati a tempo indeterminato. Non è ancora chiaro come sciogliere questo nodo. La legge inglese impone la distruzione a cinque anni dalla formazione, altre leggi consentono che questi embrioni vengano offerti alla ricerca scientifica, la legge italiana invece si è attestata su una linea di mediazione di questo tipo: possono essere congelati ma non vanno distrutti. Di più la legge non dice. Di fatto prevede un congelamento a tempo indeterminato degli embrioni. Con un paradosso psicologico ed etico: quello di contribuire alla creazione di vite umane senza consentire loro di nascere.

La corte di Strasburgo vuole dunque spingerci ancora più in là, verso una deriva di carattere eugenetico?
Questa vicenda ci manda un’indicazione molto precisa: la corte europea non ha manifestato nessuna attenzione al problema dell’eugenetica. Se non l’abbia fatto per “sbadataggine” o intenzionalmente andrà verificato. Ma questo è il senso della notizia che stiamo commentando: a torto o a ragione la legge italiana pare mossa da una certa sensibilità anti-eugenetica, mentre i giudici di Strasburgo hanno bypassato il problema mostrandosi non consapevoli della sua rilevanza.

(Matteo Rigamonti) "

Secondo voi, per questo tipo di fecondazione assistita, si deve parlare di eugenetica o può essere considerato un diritto dell'uomo?

martedì 28 agosto 2012

Essere trattati da" persone" e non da "organismi"..

Il discorso di mina welby ci fa capire come tante volte abbandoniamo il malato a se stesso e non  lo trattiamo più come" persona"...mentre è proprio quello che lo aiuta a tenersi in vita!Dice che il malato, in questo caso un malato di sla, vorrebbe essere salutato dagli infermieri che entrano nella sua stanza per mantenerlo in vita con le macchine...vorrebbe che gli venisse trasmesso affetto dalle persone che gli stanno attorno!!La persona in questione è senza parenti,quindi viene accudita da estranei...e da lei viene la richiesta agli attendenti di stare vicino ai pazienti, con l'animo...e di stargli vicino..di cercare di capirli!Basterebbe anche un semplice saluto!
E questa mancanza è dovuta anche ad ignoranza da parte nostra....ma potrebbe essere dovuta anche a debolezza ,o a insensibilità, o all'incapacità di rapportarci con il malato,...perchè come giustamente dice mina welby, "non sappiamo rapportarci ,ad ex come in questo caso, con persone che non parlano più perchè sapendo che non possono risponderci, non le salutiamo "a prescindere!!Bisognerebbe capire, invece, che dall'altro lato c'è comunque una persona, un altro essere umano...non una macchina...o un semplice organismo...è una persona che merita rispetto, affetto e comprensione e merita di essere trattata con dignità!Bisognerbbe mettersi dall'altra parte e chiedersi:"Ma se fossi io al posto suo, come vorrei essere trattato?come mi sentirei?Mi piacerebbe essere ignorato da tutti...come se non esistessi più?"

giovedì 23 agosto 2012

Risvegliarsi dal coma con un bacio:è possibile?

 Girovagando su internet mi è saltata agli occhi una notizia interessante..che riprende alcuni argomenti di cui abbiamo parlato all'inizio nel blog!
"Dopo due settimane di coma farmacologico, una donna inglese di 34 anni si è risvegliata e la sua storia ha conquistato le prime pagine dei giornali del Regno Unito. A provocare l`inaspettato ritorno alla vita sarebbe stato infatti un bacio del marito.
Emma (nella foto con il marito) era entrata in coma dopo un infarto. Prima la rianimazione disperata, seguita dalla perdita di coscienza poi. Secondo i medici il risveglio sarebbe stato poco probabile. Il marito Andrew, come racconta l`edizione online del “Daily Mail”, gli è stato accanto notte e giorno e ha cercato in tutti i modi di trasmetterle segnale della sua presenza, compreso un nastro sul quale aveva registrato i pianti del loro bimbo neonato e la voce della loro figlioletta che cantava come un ritornello dolcissimo e straziante “svegliati mamma!!”.
Nonostante le cure e i i tentativi della famiglia, le condizioni di Emma sono rimaste stabili e per i medici le probabilità che, terminato il coma indotto, la donna potesse riacquistare la sua vita normale. Finché, nella totale disperazione, il marito ha espresso un ultima richiesta: “Se puoi sentirmi, ti prego di darmi un bacio”.
La reazione è stata sorprendente: la donna ha ruotato il capo verso il marito, ha mosso le labbra, accostandole a quelle dell`uomo. “Non credevo ai miei occhi – ha raccontato il marito al quotidiano britannico – il mio cuore batteva fortissimo. É come se un enorme peso si fosse improvvisamente sollevato”. Un episodio che ha lasciato di stucco anche i medici, che ora non sanno spiegare il motivo dell`improvviso risveglio.
“Non ricordo nulla delle ultime settimane - ha detto Emma dopo essersi svegliata -. Per fortuna Andrew era con me, senza di lui sarei perduta". Ora Emma sta meglio, anche se l`arresto cardiaco ha lasciato le sue tracce. La mancanza di ossigeno ha prodotto dei deficit cerebrali, tra i quali un indebolimento della memoria a breve termine."


http://salute24.ilsole24ore.com/articles/2596-gb-si-risveglia-dal-coma-con-un-bacio?refresh_ce

Ora sappiamo tutti che i giornali gonfiano sempre le notizie e non si sa mai quale sia la verità delle notizie che ci pervengono...ma ci sono stati tanti altri casi e testimonianze di persone che si sono risvegliate dal coma grazie alle cure amorevoli dei propri familiari,che hanno cercato di tenerli in vita ...e questa è un'ulteriore testimonianza che questo può accadere!:)voi che ne pensate??

Muore Tony Nicklinson, l'uomo a cui fu negata l'eutanasia...




Tony Nicklinson

Tony Nicklinson, il cittadino britannico affetto dalla sindrome di locked in, è morto per cause naturali dopo aver perso la settimana scorsa la sua battaglia per il diritto all’eutanasia. L’uomo sette anni fa ha avuto un grave ictus, nel corso di un viaggio d’affari ad Atene, che ha lasciato il suo corpo completamente paralizzato. Grazie ad una speciale tecnologia basata sui movimenti oculari è riuscito ad accedere al sito di social networking  Twitter. Nel giro di poche ore era diventato una vera e propria star del sito, vantando migliaia di follower che sostenevano la sua causa, cioè il diritto che un medico ponesse legittimamente fine alla sua vita.
La scorsa settimana, tuttavia, l’Alta Corte di Londra, ha respinto l’istanza nella quale Nicklinson chiedeva di poter morire con l’assistenza di un medico, in quello che veniva definito come un suicidio dignitoso. L’ultimo saluto che l’uomo, con il suo battito di ciglia, ha lasciato su Twitter è stato il seguente: “Addio mondo è arrivato il momento, mi sono anche divertito”. In un comunicato che è stato diramato dopo la decisione dei giudici, l’uomo ha dichiarato: Sono rattristato dal fatto che la legge vuole condannarmi a una vita di crescente miseria e mancanza di dignità”.
I giudici, pur mostrando enorme comprensione nei confronti dell’uomo, hanno però ritenuto di non poter abbandonare il principio per il quale ritengono “l’eutanasia volontaria un omicidio, per quanto comprensibili possano esserne i motivi”. La moglie di Tony, Jane, aveva espresso la volontà di presentare appello contro la decisione dei giudici, che aveva lasciato il marito letteralmente con il cuore spezzato. Quando le è stato chiesto cosa avrebbe fatto Tony, in caso di diniego anche in appello dei giudici, la donna aveva dichiarato: ”Tony dovrà andare avanti così finché non morirà per cause naturali, oppure si lascerà morire di fame”. Così è stato. Le sofferenze di Tony sono giunte all’epilogo.

E' UN CASO CHE FARA' DISCUTERE ANCORA PER MOLTO TEMPO!

martedì 14 agosto 2012


Vita da cavie, gli esperimenti
sulla pelle degli animali

Nel bresciano chiude un canile lager ed è polemica sull'industria della vivisezione. Dove gli esperimenti sono in crescita, Perché, dicono alcuni scienziati, non esiste alternativa

di MARGHERITA D'AMICO
"NESSUNO scopo è così alto da giustificare metodi così indegni" disse Albert Einstein. Nel 2006, quasi un secolo dopo, Thomas Hartung, consulente scientifico della Ue e direttore dell'Ecvam (il centro europeo per la convalida dei metodi alternativi), scrive su Nature: "Le prove su animali sono scienza di cattiva qualità. Dalla loro sostituzione dipende la vita di milioni di esseri umani". Eppure ancora oggi, una settimana dopo il sequestro di Green Hill, l'azienda nel Bresciano dove si allevano beagle destinati ai laboratori di vivisezione, la legge internazionale pende nettamente a favore della sperimentazione sugli animali, considerata indispensabile dalle aziende chimico-farmaceutiche e da un'ampia parte del mondo della ricerca.

In Italia e in altri Paesi si dibatte riguardo una direttiva europea (la 63 del 2010) ormai prossima al recepimento. Un provvedimento contestatissimo per aver disatteso le garanzie basilari di tutela delle cavie, e deluso quanti si aspettavano un sostanziale passo in avanti rispetto alla normativa in vigore datata 1992 verso l'obbligo di ricorrere a metodi alternativi alla vivisezione. Lo scontento degli animalisti è forte ovunque, anche da noi. Se negli ultimi anni in Italia si è registrata una lieve inflessione, il 5 per cento circa, e il numero degli esemplari utilizzati negli esperimenti è passato da 2.735.887 nel triennio 2004-2006 a 2.6003.671 fra il 2007 e il 2009, si registra però un notevole incremento delle autorizzazioni in deroga: "Sono il 30 per cento in più nell'ultimo biennio e si tratta degli esperimenti più invasivi e crudeli, eseguiti spesso senza anestesia. Abbiamo ottenuto questi dati da un refrattario ministero della Salute dopo un contenzioso legale" spiega Michela Kuan, responsabile del settore antivisezione della Lav.

"Oltre il 73 per cento degli animali è usato per gli studi biologici di base, ricerca e sviluppo di prodotti e apparecchi per medicina umana e veterinaria. Seguono i test per la produzione e controllo di qualità per prodotti e apparecchi (il 16%) e le indagini tossicologiche, le diagnosi di malattie e la formazione. È pure in aumento l'uso di animali vivi e poi soppressi a fini didattici. Da noi gli stabulari sono circa seicento, difficile fare una valutazione del numero degli allevamenti perché molti laboratori producono cavie anche in proprio, parecchie già geneticamente modificate".

"Consideriamo gli animali una spesa, un soggetto geneticamente modificato è difficile da ottenere e può costare fino a 5 mila euro. La sperimentazione su di loro copre il 30 per cento delle nostre attività, il rimanente 70% avviene in vitro e ritengo che questa proporzione valga più o meno per tutta l'attività nazionale" dice Giuseppe Remuzzi, coordinatore della ricerca dell'istituto Mario Negri di Bergamo. "Ci serviamo solo di topi e ratti: per il totale delle nostre tre sedi nel 1990 ne contavamo 33.832. Dieci anni dopo sono diventati 22.362 e, nel 2010, 16.485. Ma non siamo certo gli unici a usarli. Quanti politici ci dicono di essere favorevoli alla vivisezione, ma per ottenere consensi dichiarano il contrario". Anche all'Ifom, area di ricerca sperimentale legata all'Istituto europeo di oncologia di Umberto Veronesi, da sempre schierato in difesa dei diritti degli animali, si fa vivisezione. "Secondo il ministero, gli stabulari italiani accolgono 550 mila topi, mille cani nel 2007 e 600 nel 2009, 3.500 maiali nel 2007 e 2.500 nel 2009, 30 mila pesci ora dimezzati: si usano gli zebra fish, facili da manipolare geneticamente" continua Remuzzi. Che, quanto alle novità in arrivo dall'Europa, dice: "Certe contestazioni non le capisco: la sperimentazione sui randagi che dovrebbe essere introdotta non si pratica in alcuno stabulario del mondo".

Ribatte Vanna Brocca, direttore della Voce dei senza voce, periodico dell'associazione Leal: "Negli Usa i randagi si usano, eccome. Sono commercializzati dai Class B Dealers previsti dall'Animal
Welfare Act, che operano con regolare licenza. In Italia per fortuna lo proibisce la legge 281 del 1991. Io però mi domando: se i laboratori dicono di non avere bisogno dei randagi, perché l'articolo 11 della direttiva è tutto dedicato alla possibilità di sottoporre cani e gatti randagi a test in caso di "minacce per l'ambiente o per la salute umana o la salute animale?". L'obiezione alla vivisezione non si fonda solo sulle sevizie  -  maiali cui vengono lesionati i polmoni per effettuare lunghe respirazioni assistite prima di sopprimerli, impianti dentari inseriti sulle zampe dei conigli, cani cui sono strappati i denti, topi dalle zampe bruciate su piastre elettriche sono alcune delle pratiche descritte da un interessante dossier realizzato da Nemesi Animale riguardo gli stabulari lombardi  -  quanto anche sulla loro pericolosa inutilità.

Le stime dell'Ufficio dei consumatori Ue (Beuc) riferiscono di 197 mila cittadini morti ogni anno a causa degli effetti indesiderati dei farmaci, mentre in Italia il numero di reazioni avverse ai soli antibiotici sarebbe pari a 1643, contro le 1303 del 2008. Tuttavia i metodi alternativi come test in vitro, colture cellulari capaci di ricostruire organi di origine umana, metodi bio informatici che creano interazioni di molecole al computer o le investigazioni epidemiologiche, stentano a prendere piede perché non supportati dalla legislazione. "C'è uno spreco straordinario di tessuto umano che sarebbe invece preziosissimo per la ricerca" osserva Michela Kuan. "Invece di allevare e uccidere animali, si potrebbero utilizzare organi asportati o amputati, cordoni ombelicali che vengono buttati via e non si recuperano se non previa burocrazia assurda".

"Test gratuitamente crudeli? Io non ne ho mai autorizzati" afferma Rodolfo Lorenzini, direttore del Servizio biologico e per la gestione della sperimentazione animale per l'Istituto Superiore di Sanità, che suggerisce: "Si potrebbe destinare parte dei fondi a studi che non prevedono l'uso degli animali. Sarebbe un'apertura importante". Mentre il medico e senatore Pd Ignazio Marino dice: "L'industria farmaceutica ha in Italia un fatturato di 25 miliardi di euro e il 10% è reinvestito nella ricerca: se le aziende non vedono la possibilità di operare secondo le regole internazionali, si tirano indietro". Ma si tratta di vero progresso o piuttosto di un favore all'industria sulla pelle degli innocenti? "I vivisettori utilizzano il cosiddetto esperimento 'DL 50': la Dose Letale per il 50% degli animali utilizzati. Consiste nell'alimentare a forza un gruppo di animali con una particolare sostanza finché non ne muore la metà. Se consideriamo per esempio la digitossina (farmaco per l'insufficienza cardiaca), questa sostanza presenta nei ratti una 'DL 50' 670 volte superiore rispetto ai gatti: come possiamo sapere quale valore possa avere un significato per l'uomo?" ricorda il biologo Gianni Tamino. "Si autorizzano esperimenti assurdi: per esempio, portare ratti allo sfinimento su una ruota velocissima per poi farli cadere allo stremo delle forze in una botola dove vengono decapitati: di lì si esaminano i fenomeni di deterioramento dei tessuti. Il tutto per uno studio sugli sportivi" spiega Marco Mamone Capria, docente di Matematica all'università di Perugia e presidente della Fondazione Hans Ruesch (dal nome dell'autore di Imperatrice nuda, testo cardine del movimento antivivisezionista in Italia). "La legge del 1993 sull'obiezione di coscienza alla vivisezione - aggiunge - è sistematicamente boicottata dalle università italiane. Si continua a impedire che gli studenti siano informati come previsto dalla legge che permette loro di sottrarsi nei loro percorsi formativi ". E poi: "Altro che trasparenza nei laboratori. Per sei anni sono stato membro del Comitato etico del mio ateneo e ho chiesto di entrare nello stabulario universitario: impossibile". Già: gli organi preposti al controllo del benessere animale negli stabulari sono le Asl, ma la legge non le obbliga ai controlli.

Osserva Fabrizia Pratesi, coordinatrice del comitato scientifico Equivita: "Le statistiche stesse indicano in modo vistoso che ciò che vale per una specie non è indicativo per un'altra, e le coincidenze favorevoli non esonerano comunque dalla sperimentazione sulla cavia umana. Per tacere di contraddizioni clamorose: le multinazionali chimiche non producono solo farmaci, ma pure pesticidi, diserbanti, ogm, anticrittogamici. Tutti prodotti testati sugli animali. Peccato che quando si verifica qualche disastro con ricadute sulla salute umana, le aziende si sottraggono alle loro responsabilità dicendo che che i test sugli animali hanno scarsa attendibilità".
(24 luglio 2012)